Questi due imprenditori edili sono un pezzetto di storia che rappresenta un po’ tutti noi, oggi. “Oggi” è una parola breve ma piena di significato da un punto di vista esistenziale. Oggi è la vita, è il momento presente, è quell’attimo fuggente che non torna più, e che se scorre con dolore sentiamo di averne perso quella consistenza per cui vale la pena di vivere.
Perché un imprenditore deve fallire se non ne ha colpa?
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ATTENZIONE: Per questioni inerenti al codice deontologico della professione non posso esibire pubblicamente i nomi delle persone in video.
Purtroppo ci sono eventi che giocano contro. Ci rallentano il passo, lo affaticano e a volte persino lo sospendono. È a quel punto che ci si sente come sospesi a mezz’aria. Qualcuno torna coi piedi per terra, qualcun altro resta così, ma non per il piacere dell’animo leggero quanto piuttosto per il dolore che annebbia e trascina in una dimensione più nera del buio. Questo è il marito oggi, vittima di un danno cerebrale irrecuperabile, e questa è la più grande sofferenza di sua moglie.
Questo è l’oggi di due imprenditori edili con un fallimento aziendale alle spalle, milioni di debiti con fisco e banche, e una menomazione neuronale come conseguenza di un percorso troppo duro da sopportare.
Oggi sono in attesa di uscire per sempre dai debiti, dopo anni duri a causa del sovraindebitamento che li ha visti crollare a picco. Colpa di chi o di cosa? Difficile disegnare una mappa della staffetta che ti porta da zero a 1000 e poi di nuovo a zero, per cause di forze maggiori?
I due imprenditori iniziano la loro attività nell’edilizia. Dopo un cammino insieme fatto di progetti, fatica, conquiste e soddisfazioni, come un elefante in un negozio di porcellane la crisi immobiliare del 2007/2008 con una bella zampata fa fuori anche le loro due società. La crisi segna un colpo d’arresto nelle loro vite.
Perché il fallimento aziendale distrugge la vita delle persone?
Come dice lei stessa, “una vita distrutta!”. E ancora oggi si domanda “perché?”. Per questa ragione vuole dar voce alla sua storia, alla loro storia.
Parla anche a nome di suo marito, infatti, e anche di tutti coloro che hanno vissuto, o stanno ancora vivendo l’esperienza di una vita rovinata, distrutta dal sovraindebitamento. Eppure, nessuno lo cerca, nessuno aspetta un fallimento.
Perché allora a un certo punto la rotta cambia e ci si ritrova in un mare di guai senza sapere come uscire dai debiti?
Sopraggiunta la terribile crisi – tuttora impietosa – non riescono a portare avanti i cantieri, la gente comincia a perdere il lavoro, non si riesce più a vendere. Sono costretti ad azzerare le polizze in essere, quei risparmi messi via per la vecchiaia finiscono nelle viscere dell’azienda.
Le conseguenze di un imprenditore fallito
Ma serve a ben poco tutto questo sbattimento. La situazione peggiora a passo veloce perché i debiti iniziano ad accumularsi con gli istituti di credito delle Agenzie delle Entrate e con gli altri creditori. La banca taglia i finanziamenti, blocca i mutui. Per le banche, sono ormai clienti deprecabili, inaffidabili e da interpellare solo per chiedere cosa intendono fare con le loro proprietà.
“Quando vendete le vostre proprietà? Lo fate voi o ci pensiamo noi?”.
Questa è la tiritera che sentono ogni volta che i direttori di banca li convocano nei loro uffici. “Sembra la Santa Inquisizione”, osserva la signora. E siamo con lei.
Capiamo come ci si sente quando il suo sistema nervoso deve affrontare quei toni crudi e asettici, impersonali. Come se a parlare fosse un oggetto metallico privo di vita. Ce lo raccontano tutti i giorni i nostri assistiti, di come si sentono offesi, colpevoli di qualcosa che non hanno né voluto né cercato, eppure qualcosa che scontano soprattutto emotivamente.
È proprio a questo punto della vicenda che iniziano a venir fuori anche nei due imprenditori quel senso di sopravvivenza e quella voglia dignitosa di capire come uscire da questa situazione, e come difendersi dall’invadenza burocratica. Tanto per dirne una, persino un buco di 18 euro sul loro conto presso un istituto di credito innesca la telefonata dall’ufficio recupero crediti!
È a questo punto della storia che li incontriamo nel nostro studio. Tutto inizia da una verifica dei loro conti correnti in occasione della quale il contabile della procura riscontra una cifra di 15.000 euro a titolo di usura. Il PM (Pubblico Ministero) nell’archiviazione definisce quei 15.000 euro un importo residuo minimo, considerando la “buona fede”, e stabilisce che alla banca non sia imputabile l’accusa di dolo nell’aver applicato questi interessi.
Dai debiti insoluti al pignoramento degli immobili societari e personali
Il passo è davvero breve… dall’accumulo dei debiti con le banche al pignoramento dei beni di proprietà. Questo è l’unico dato certo, e questo lo sanno anche i due imprenditori. È solo questione di tempo e chi avanza denaro vorrà recuperarlo a tutti i costi, lasciandoti senza più nulla e con tanti debiti ancora da chiudere.
Anche la loro storia rischia di finire proprio così, perché hanno prestato fideiussioni e garanzie sulle posizioni debitorie, e oltre alle esecuzioni degli immobili societari, poi falliti, sono oggetto di esecuzione forzata anche gli immobili personali, inclusa la casa di residenza.
La storia rischia di finire così se non fosse per un lieto fine che scriviamo noi, con una legge sul sovraindebitamento che evita la vendita dei beni all’asta. E infatti proponiamo proprio quest’unica soluzione per evitare di perdere tutto all’asta e di restare con i debiti insoluti, la procedura di sovraindebitamento.
Imprenditori debitori per diversi milioni di euro.
Naturalmente, il loro patrimonio personale e immobiliare non copre questa cifra, quindi con la vendita della casa all’asta perderebbero i beni senza riuscire a chiudere i debiti. A cosa varrebbe questo spreco se dal ricavato della vendita giudiziaria non si riesce a uscire dai debiti?
A nulla!
Come può un imprenditore con un fallimento uscire dai debiti?
Qual è l’unica soluzione che li può salvare da questo pericolo incombente?
Proponiamo la procedura di sovraindebitamento
Trascorsi 4 anni, la legge 3/2012 chiude per sempre i loro debiti, mettendoli nella condizione di poter
- richiedere un eventuale finanziamento,
- accedere al credito.
Insomma…
di tornare a vivere perché purtroppo con i debiti accumulati la vita si interrompe e diventa un inferno.
Un inferno da dimenticare, anche se sarà difficile perché i segni degli anni vissuti tra ansie e preoccupazioni sono impressi. Il marito ne paga ancora le conseguenze. Ora è in cura all’Ospedale di Niguarda di Milano. A rovinarlo, il pensiero fisso e martellante, lo stress e le continue tensioni che hanno scombussolato i suoi neuroni al punto tale da danneggiare il suo sistema nervoso.
Guardiamo il lato positivo di un fatto molto frequente oggi, fra i tanti poco incoraggianti, un oggi rubato, strappato alle famiglie e restituito malconcio. E allora se tutto questo è inevitabile, per cause di forza maggiore… che almeno sia un oggi libero dai debiti!
Quei debiti che rischiano di restare addosso come parassiti e di rovinare la vita anche di figli e nipoti.
La signora si commuove nel video mentre conclude la sua testimonianza. Ci ringrazia perché l’abbiamo aiutata quando lei e suo marito sono rimasti soli. Ci ringrazia perché l’abbiamo accolta con tenerezza e umanità.
Ci lascia con un complimento che mi commuove:
“Vorrei ringraziarti Monica, perché la cosa più bella dopo la mia famiglia sei tu”.
Contattami se stai sperimentando una brutta vicenda di sovraindebitamento, chiedici un parere, un consiglio, raccontami la tua storia prima di perdere i tuoi beni e restare con i debiti insoluti.
Voglio fare qualcosa per te!
Avv. Monica Pagano