La questione sulla impignorabilità della prima casa è un mito da sfatare.
Una di quelle leggende metropolitane che rischia di rovinare la vita delle persone.
Sicure di poter evitare il pignoramento della prima casa lasciano correre il tempo che le separa dalla vendita dell’immobile all’asta. Un vero e proprio danno che invece incombe su migliaia di famiglie, evitabile con
- la conoscenza della legge
- con una preventiva azione di vendita autonoma e un saldo e stralcio, per chiudere col restante debito.
La verità va messa nero su bianco per evitare di perdere tempo nella convinzione fasulla che nessuno può toglierti la prima casa o che nessuna autorità può avviare uno sfratto con minori: il pignoramento dell’immobile riguarda anche la prima casa, indipendentemente se ci sono bambini, anziani, invalidi. Quando sarà ora si dovranno abbandonare quelle 4 mura!
Mi spiace essere così diretta ma non voglio passarti strane informazioni che ti possono illudere.
Pignoramento della casa da parte della banca
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Cresce il numero di italiani che perdono la casa all’asta.
Debiti impossibili da pagare perché gonfiati dagli interessi che le banche applicano sulle rate del mutuo non pagate o di finanziamenti rimasti in sospeso.
E i numeri parlano forte e chiaro:
- 750 mila immobili sono finiti in asta negli ultimi 3 anni
- e 1 milione e 650 mila si stima faranno la stessa fine nei prossimi 5 anni.
Quanti di questi immobili erano la prima casa per qualcuno?
La favoletta della impignorabilità della prima casa rischia di buttare in mezzo alla strada migliaia di famiglie italiane strozzate dai debiti.
Famiglie completamente ignare della grande e pericolosa bufala sulla presunta sicurezza che la prima casa sia al riparo dall’asta giudiziaria.
La verità è un’altra: la prima casa si può pignorare eccome!
E di storie ce ne sono tante, purtroppo, che rischiano di esplodere in cifre allarmanti nei prossimi anni.
La consapevolezza è necessaria quando si tratta di fisco, banche e debiti perché l’errore di valutare o sottovalutare rischi e conseguenze del pignoramento di casa è molto più comune di quanto si pensi. E le ragioni sono diverse: da un lato la normativa poco leggibile, ben più complessa di quanto appare a un primo sguardo, complicata da un linguaggio inaccessibile alle persone che male interpretano le leggi.
Dall’altro, la leggerezza e la superficialità di affidarsi a vane speranze suscitate da un “sentito dire” o da quelle poche informazioni che bastano a tranquillizzare gli animi, come appunto quella che la prima casa non è pignorabile.
È normale che spaventi perdere casa e che non ci si voglia neanche pensare, ma lasciare le cose come stanno significa andare incontro a eventi disastrosi. Significa perdere la casa all’asta per ritrovarsi senza niente, e con una cifra ricavata dalla svendita (perché di questo si tratta), insufficiente a chiudere i debiti con la banca.
Un fallimento su tutta la linea.
E anche nel caso di un immobile cointestato, gli equivoci portano alla confusione ma ecco cosa succede quando la casa pignorata è a nome di entrambi i coniugi.
Pignoramento della casa cointestata
Una casa cointestata può essere pignorata?
È molto frequente la situazione di un immobile intestato a due coniugi o a due eredi, per esempio. A prescindere dalla percentuale di proprietà, la casa cointestata è soggetta a pignoramento da parte della banca; sebbene lo sia solo per la percentuale di possesso relativa al debitore. Ma attenzione, perché anche in questo caso è necessario conoscere approfondire la questione.
II pignoramento della casa cointestata mette in subbuglio entrambi i coniugi convinti che nessuno comprerà mezza casa all’asta.
Di fatto non è così.
Proprio perché una casa non può essere segata a metà, il giudice la mette all’asta per l’intero.
Sol alla fine, dopo la vendita, la parte che non c’entra nulla con i debiti prenderà la sua percentuale dal ricavato dalla vendita forzata.
Ma in ogni caso, il danno avrà rovinato la vita a tutti e due i due coniugi che avranno perso la casa all’asta.
Il fatto è che oltre al danno economico, chi subisce il pignoramento vive un forte dolore emotivo. La casa è un valore sacro per tutti noi. È famiglia, amore, figli, storia di vita condivisa. La sola idea di perderla è insopportabile e spesso proprio in virtù di questa intollerabilità si nasconde la testa sotto la sabbia, dando anche credito a false teorie come quella sulla impignorabilità prima casa.
Come è evidente, il pignoramento della prima casa da parte della banca mette in pericolo la prima casa anche se cointestata.
Una vendita giudiziaria è ciò che si deve evitare per rimanere ancora debitori con la banca.
Se la casa in asta viene venduta ad un prezzo che non copre il debito, tu rimani debitore a vita.
Un rischio questo che mette a repentaglio la serenità e l’equilibrio di migliaia di famiglie rovinate perché non riescono più a pagare le rate del mutuo o del condominio, spesso in seguito a eventi imprevedibili causati da forze maggiori:
- perdita del lavoro
- fallimento dell’azienda per la crisi economica
- o, nel peggiore dei casi, problemi di salute che impediscono di lavorare.
Queste sono anche le cause che portano al fallimento la ditta individuale di Antonio (NDF), con il conseguente sovraindebitamento che getta lui e sua moglie, Marianna (NDF), nella spirale infinita dei debiti contratti con la banca.
Sovraindebitamento e pignoramento prima casa da parte della banca
L’impossibilità di pagare i debiti che incombe su Antonio e Marianna è esorbitante per una famiglia che vive del suo lavoro. Così come tante altre famiglie italiane distrutte dal fallimento di un’azienda, toccate dalla sventura di una malattia, segnate dai debiti con le banche.
Antonio è debitore di € 646.535,47, mentre su Marianna grava un debito di € 256.411,41. Questa croce li condanna all’insolvenza e alle sue conseguenze, fintantoché non decidono di affidarsi alla legge che può restituire loro la libertà dai creditori e la dignità finanziaria.
Nella spirale dei debiti finiscono anche le rate del mutuo non pagate, che fanno scattare la procedura esecutiva immobiliare sulla loro prima casa acquistata nel 2004 con la garanzia dell’iscrizione ipotecaria volontaria di primo grado, per un importo di € 330.000,00.
All’avvio dell’esecuzione immobiliare pendente presso il Tribunale di Lodi segue la notifica dello sloggio che obbliga Antonio e Marianna a trasferirsi in una casa in affitto in provincia di Brescia, dove oggi vivono con un affitto di 300,00 euro mensili.
La loro storia è un incessante susseguirsi di eventi di cui il pignoramento della prima casa è solo l’inizio.
Fallimento dell’azienda, la prima causa del sovraindebitamento
È questa la prima causa del grave indebitamento che investe Antonio e sua moglie Marianna: il fallimento della sua attività professionale. Ma andiamo per gradi perché la loro storia inizia nel marzo 2000 in provincia di Milano, dove Antonio apre una ditta individuale di installazione impianti di condizionamento. Una ditta che costerà cara a lui e a sua moglie.
Purtroppo, infatti, le cose non vanno come sperano, come tutti speriamo quando si lavora per vivere dignitosamente e costruire un presente solido guardando anche un po’ oltre nel tempo. Il futuro lo si immagina almeno tranquillo, anche se macchiato dai comuni problemi che tutti sperimentiamo, ma almeno libero dal cappio dei creditori.
L’azienda di Antonio fallisce finendo dapprima tra i nomi di quelle inattive e poi, nei primi mesi del 2019, nel registro delle imprese cancellate.
Un fallimento dovuto a gravi problemi di salute sopraggiunti nel 2007, quando scopre di avere un carcinoma papillare cistico con un addensamento di circa 10 cm di diametro alla tiroide che gli impedisce di lavorare. La prospettiva è quella di una rimozione del carcinoma, ma i problemi di salute intanto compromettono il suo lavoro e la capacità di saldare i debiti accumulati. Debiti maturati anche a causa di una rapina avvenuta nel 2010.
Fortunatamente le cure gli restituiscono la salute. Nel 2009 Antonio guarisce definitivamente, ma la sofferenza di questi anni ha completamente prosciugato le sue risorse finanziarie.
Per risollevare la situazione, nel dicembre 2010 Marianna apre un negozio di abbigliamento. L’epoca storica, però, è quella che oggi conosciamo e scontiamo un po’ tutti chi più chi meno: siamo negli anni già complicati dalla furente crisi economica che avanza mettendo in difficoltà piccole e medie imprese.
E anche per Marianna la situazione degenera a causa di un investimento elevato e delle spese di gestione che superano di gran lunga i ricavi del negozio, con la conseguenza di un sovraindebitamento anche per lei e della chiusura definitiva nel 2015.
In questi casi, l’istinto della sopravvivenza cerca in tutti i modi la soluzione per uscire dal caos e dalla sofferenza finanziaria. E l’unica soluzione per Antonio e Marianna, in un momento di estrema difficoltà, è quella di arginare il problema chiedendo un prestito alla banca come ditta individuale e per il quale i coniugi si rendono garanti l’uno per l’altra.
Di questo prestito Antonio è debitore per un importo di € 51.569,00.
La moglie è debitrice in via fideiussoria di € 37.500,00.
Nel frattempo Antonio trova un impiego presso una società di sistemi di riscaldamento. Ma su questo grava un pignoramento sullo stipendio per circa € 450,00 da parte della banca. Oltre ad una trattenuta di € 123,00 (cessione del quinto) per il finanziamento contratto con una finanziaria.
I debiti totali sono di € 646.535,47 per lui, e di € 256.411,41 per Marianna. Debiti che purtroppo non si possono lasciare in sospeso e che rischiano di vanificare ogni sforzo di ripresa.
La legge per uscire dal sovraindebitamento
In questa situazione, l’unica via d’uscita per loro è quella di appellarsi alla legge sul sovraindebitamento.
Una legge che se ben compresa e attuata in tutte le sue sfaccettature chiude i debiti per sempre e restituisce dignità alle persone.
Senza questa legge, le persone sono condannate alla vergogna, all’anonimato, a un’esistenza al limite della vivibilità.
Ma non è il caso di Antonio e Marianna.
Si rivolgono al nostro studio e dopo un appuntamento intenso di quasi un’ora capiamo ciò che serve fare e come farlo.
Ci mettiamo al lavoro e, alla fine, la loro vicenda si conclude con un esito favorevole a fronte della loro condizione debitoria.
Nella procedura di liquidazione Antonio e Marianna mettono a disposizione l’intero patrimonio mobiliare e immobiliare.
Il Giudice ha aperto la procedura liquidatoria per la durata di 4 anni disponendo un versamento pari a € 700,00 mensili.
Ecco l’esemplare risultato
Inutile dire che la vita di Antonio e Marianna è completamente cambiata in meglio.
Le notti passate a guardare il soffitto sono un brutto ricordo.
Oggi vivono la vita serena che da troppo tempo avevano messo via nel cassetto. Oggi sono una famiglia che è ritornata felice!
Dalla difficoltà dei debiti insoluti si può uscire con l’aiuto della legge sul sovraindebitamento. Finalmente una legge concreta ed effettiva che bisogna però conoscere bene per aiutare davvero chi subisce un forte indebitamento con banche e altri enti creditori.
Avv. Monica Pagano